Ivano Battiston. Re indiscusso della fisarmonica

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Nell’immaginario collettivo la fisarmonica è uno strumento da sagra o poco più. Invece da quasi trent’anni è entrata di diritto nei Conservatori, nei licei musicali e nei corsi musicali delle scuole medie. Uno dei primi insegnanti di fisarmonica in Conservatorio in Italia è stato Ivano Battiston, nativo di Trichiana ma che vive da tempo in Toscana, a Prato, visto che la sua carriera di docente si svolge al Conservatorio di Firenze. L’Abm, il Rotary e la Provincia lo hanno insignito del premio destinato ai bellunesi che si fanno onore in Italia e nel mondo, consegnato a dicembre in una cerimonia che si è tenuta a Lamon.

Perché la fisarmonica? Come è cominciata questa passione?
È stato un caso. I miei genitori mi comprarono una fisarmonica giocattolo, con i tasti colorati. Ho cominciato così, da solo, come autodidatta. Ascoltavo i canti della messa e tornato a casa li trascrivevo con i colori, per via dei tasti colorati. Dopo, ho cominciato a studiare con il maestro Bellus di Santa Giustina e a vincere i primi concorsi, avevo 10 – 11 anni.

Come è passato al Conservatorio?
Fu proprio Bellus a dirmi che per imparare a suonare bene dovevo iscrivermi al Conservatorio, ma non c’erano corsi di fisarmonica, che era ancora uno strumento “popolare”. Solo nel 1992-93 è iniziato l’insegnamento nei Conservatori di Firenze e Pesaro. Così ho cominciato a studiare il fagotto. Già nel ’78 lo insegnavo a Padova e ho suonato con i Solisti veneti e alla Scala di Milano. Avrei potuto fare una buona carriera come fagottista ma mi avvinceva di più la fisarmonica che è uno strumento più completo e aveva bisogno di cultori che la facessero crescere.

Quando è nata la fisarmonica?
Nella metà dell’Ottocento, ma è diventata strumento per concerti solo negli anni ’60. È entrata in Conservatorio negli anni ’90 e adesso è insegnata in trenta Conservatori in Italia. In questi ultimi decenni ha avuto un grande sviluppo come strumento da concerto: tutti i compositori contemporanei più importanti hanno scritto pezzi per fisarmonica.

Che cosa manca perché sia considerata a tutti gli effetti alla stregua di un pianoforte o di una chitarra classica?
Manca un po’ di informazione, anche da parte dei mass media: dobbiamo farla uscire dallo stereotipo comune che vede questo strumento come musica per sagre.

Lei non è solo un insegnante, è anche un concertista e un compositore. Cosa è accaduto durante il lockdown?
I primi mesi di chiusura del 2020 li ho usati soprattutto per recuperare tanto lavoro arretrato. Poi ho sofferto molto la didattica a distanza, con gli attuali mezzi tecnologici non si riesce a fare musica, il suono esce distorto, dà perfino fastidio. Per quanto riguarda i concerti, mi è mancato molto non poter suonare dal vivo. Ora i concerti sono tornati, gli organizzatori stanno recuperando il tempo perduto e hanno messo in programma un sacco di eventi, anche troppi.

I concerti a distanza sono quindi impossibili?
No, ho avuto una esperienza bellissima nel 2019 quando in occasione del Festival della robotica di Pisa, ho suonato con una orchestra, ma loro erano a Pisa mentre io a Trieste. In quel caso però c’erano una fibra velocissima e una attrezzatura adeguata.

Quanti studenti ha al Conservatorio di Firenze?
Sono sedici, la metà stranieri e quattro sono cinesi.

I cinesi suonano la fisarmonica?
I cinesi stanno conquistando il mondo musicale, hanno una disciplina che noi non abbiamo e vincono molti concorsi. Tanti di loro vengono a studiare in Europa, acquisiscono una sensibilità europea e sono anche molto duttili, più dei russi che sono molto studiosi ma più rigidi.

Lei suona con molte importanti orchestre ma anche con altri solisti.
Ha molto aiutato la mia carriera l’aver suonato con Mario Brunello, uno dei violoncellisti più importanti d’Italia ma non solo. Ma suono anche con il trombettista Gabriele Cassone con cui abbiamo fatto un programma intero da concerto, partendo dalla musica barocca per arrivare al Novecento.

Lei è stato premiato come bellunese che si è fatto onore in Italia e nel mondo.
Sono stato davvero felice per un premio che viene dato ad un musicista; è importante premiare la musica. Di recente un italiano ha vinto il concorso Paganini dopo 24 anni e al concorso Chopin di Varsavia un italiano è arrivato secondo e uno quinto. Eppure sui giornali se ne è parlato pochissimo. Si parla e si scrive troppo poco di musica.

Marcella Corrà