A otto anni aveva già scelto cosa fare da grande. E così, con le idee chiare e la voglia di raggiungere l’obiettivo – assieme a quel senso pratico tipicamente bellunese che in queste situazioni non può che essere di aiuto – per Elena Quariglio è stato facile proiettarsi nel futuro e intraprendere la propria strada. Il suo animo le diceva che doveva diventare medico, «per aiutare le persone». Il resto è arrivato di conseguenza: diploma allo Scientifico “Fermi” di Pieve di Cadore – «anche se mi appassionavano di più le materie umanistiche, ma mi considero eclettica» – e laurea con lode all’Università di Padova. Ora, a venticinque anni, il sogno coltivato fin da bambina è diventato realtà. Elena è medico, proprio nel momento storico in cui essere medico ha un significato particolare, perché assume i contorni della sfida. Una sfida pronta per essere affrontata. E vinta, come ci auguriamo tutti.
Perché hai scelto di studiare Medicina?
A dire il vero, visto che vivevo a contatto con un sacco di animali, all’inizio volevo fare la veterinaria. Poi, a otto anni, purtroppo abbiamo dovuto sopprimere una cagnolina e ho capito che non sarei stata in grado di fare quel lavoro. Così mi sono detta che se non potevo aiutare gli animali, potevo aiutare le persone, e ho deciso di diventare medico.
Un percorso lungo e complicato. Mai avuto ripensamenti?
Mio padre mi avrebbe vista bene a fare Giurisprudenza, ma io non ci volevo proprio pensare.
A settembre ti sei laureata, ora cosa stai facendo?
Al momento sto lavorando come guardia medica a Cortina e con l’Usca (l’Unità Speciale Continuità Assistenziale, Ndr) di Pieve di Cadore, attivata a dicembre. Ci occupiamo di pazienti Covid nell’area che va da Cortina al Comelico. Raccogliamo le segnalazioni dai medici di base, contattiamo i soggetti positivi e andiamo in sopralluogo per capire la loro situazione. In base alla valutazione delle condizioni cliniche, decidiamo quali terapie intraprendere. Il turno dura dodici ore, dalle otto del mattino alle otto di sera, ma il tempo vola. Entrambe queste esperienze sono stimolanti, servono a farsi le ossa. Le considero davvero un banco di prova.
In questo periodo si è spesso parlato di medici eroi, cosa ne pensi?
Credo che chi sceglie questa strada sappia fin da subito cosa lo attende. Ogni medico cerca di svolgere il proprio lavoro rispettando i valori che sono intrinsecamente parte di questa professione. Curiamo la gente perché questa è semplicemente la nostra missione. I complimenti e le lodi si accettano volentieri, ma non è certo questo il motivo per cui operiamo. Penso che un medico non lavori aspettandosi che gli venga steso davanti un tappeto rosso.
Per il futuro che obiettivi hai?
Vorrei ottenere una specializzazione all’estero, in particolare in un Paese di area germanofona: Germania, Austria o Svizzera tedesca.
Perché all’estero?
Vorrei slegarmi da certe dinamiche astruse e poco accattivanti del nostro Paese. Spesso in Italia i giovani sono ritenuti solo degli eterni studentelli, ai quali non dare troppa fiducia. Inoltre, tante volte qui da noi l’ambiente universitario è fatto di molti orpelli, mente io preferisco le cose concrete. Ho il desiderio di respirare un’aria diversa, conoscere nuovi modi di operare ed entrare in contatto con mentalità differenti. Il modo di intendere la Medicina di un anglosassone o di un tedesco è diverso da quello di un italiano, sia per quanto riguarda i medici che per quanto riguarda i pazienti.
Ultimamente, comunque, sto valutando anche le opportunità che offre l’Alto Adige. È un’opzione dallo spirito mitteleuropeo, pur rimanendo in territorio italiano.
Ci sono aspetti che fanno emergere la tua “bellunesità” nel lavoro che fai?
Già quando studiavo a Padova era come se andassi in giro con un’etichetta. Tutti sapevano che venivo da Domegge di Cadore e ancora oggi un po’ mi canzonano affettuosamente per alcuni dei miei modi di dire. Penso che l’essere bellunese emerga nel mio modo di parlare schietto. Mi piace essere cortese ma allo stesso tempo arrivare al dunque. E poi nel mio modo di pensare pratico, con umiltà, ma guardando sempre al risultato. Sicuramente mi porto dentro le tradizioni del mio territorio di origine.
Anche tu sei giovane, ma c’è un consiglio che daresti a chi è ancora più giovane di te e sta cercando di comprende cosa fare della propria vita?
In generale, sono convinta che abbiamo bisogno di persone con principi, con tanta passione e con entusiasmo. I principi sono ciò che dà una direzione alla vita. La passione è il motore di tutto, senza non si va da nessuna parte. E l’entusiasmo è ciò che serve per non mollare mai.
