Cecilia Verocai. Regina della palla ovale

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In Uruguay è stato colto come un fatto di portata eccezionale. Tanto che l’Unión de Rugby, l’organismo che governa lo sport della palla ovale nel Paese sudamericano, ha commentato l’evento con una parola che lascia pochi dubbi: “HistÓrico”. Due giocatrici della nazionale uruguaiana, Maria Eugenia Cruces e Cecilia Verocai, a gennaio di quest’anno hanno firmato un contratto con il Calvisano, club lombardo di serie A del campionato italiano. Si tratta delle prime atlete del rugby femminile dell’Uruguay a raggiungere il livello professionistico. Una notizia che non può lasciare indifferente la nostra provincia, visto che Cecilia – come si può immediatamente intuire dal cognome – ha origini bellunesi: il trisnonno, Serafino Verocai, emigrò dalle Dolomiti in Sud America nel 1892. E ora Cecilia fa il viaggio inverso, tornando da Salto in Italia.

Ci racconti un po’ la tua carriera rugbistica fin qui?
Da quando ho iniziato, e fino a prima di approdare al Calvisano, ho giocato nel Vaimaca Rugby Club della città di Salto, una squadra fondata quindici anni fa dalla mia famiglia e da alcuni amici con molto lavoro, impegno e amore per questo sport. Sono stata anche sostenitrice di un progetto chiamato Terranova Rugby Femenino, nella città di Paysandu, quando studiavo lì, progetto con il quale abbiamo partecipato per ben quattro anni al campionato nazionale uruguayano, conquistando tre volte il titolo. Poi, quando sono tornata a Salto, questa squadra non ha potuto proseguire, ma le giocatrici sono andate a integrare altri club in tutto l’Uruguay.
Con il Vaimaca ho ottenuto altri otto titoli.
Dal 2008 faccio parte della nazionale uruguaiana, con la quale ho potuto partecipare a diversi tornei sudamericani e allenarmi con altre selezioni nazionali: tutte esperienze che mi hanno permesso di raggiungere un livello superiore, arrivando in Europa. Accanto al rugby, lavoro come insegnante di Educazione Fisica, e questo, assieme allo sport, mi ha aperto molte porte, consentendomi di vivere esperienze che vanno dai progetti di rugby per adolescenti alla preparazione degli allenatori di rugby in diversi ambiti. Inoltre, ho lavorato come preparatrice fisica e allenatrice delle squadre maschili di rugby XV giovanili e maggiori nel mio Club Vaimaca e in altri club del mio Paese, ottenendo con la squadra maggiore i titoli di campione di Uruguay di seconda divisione, nel 2018/2019, e campione del torneo uruguaiano della categoria “C”, nel 2021.

Che impatto hai avuto con il nuovo Paese?
Non ero mai stata prima in Italia e ne sono rimasta veramente affascinata. Mi hanno colpito la varietà del paesaggio, le bellissime città, l’ordine che si riscontra nella vita quotidiana, il calore e la gentilezza delle persone che mi fanno sentire a casa. Per non parlare del cibo delizioso, proprio come mi avevano raccontato prima che partissi, e oggi posso confermarlo.

Cosa significa per te questo trasferimento nel rugby professionistico?
È qualcosa che mi sembrava irreale, visto che in Uruguay siamo molto lontani da questi livelli. Da noi lo sport è molto sacrificato, soprattutto quando si parla di sport femminile.
E per chi fa attività a livello agonistico è ancora più complicato, perché oltre a dedicarsi allo sport bisogna anche lavorare tutti i giorni, come qualsiasi altra persona, studiare, fare i lavori di casa, riservandosi del tempo per gli allenamenti, per la giusta alimentazione, per il riposo adeguato.
E poi si deve viaggiare per disputare i tornei, prendendosi dei permessi dal lavoro. Il tutto con poche risorse economiche, vista la situazione dell’Uruguay. Oggi essere in Italia con prospettive completamente diverse è un privilegio che mi gratifica.

Cosa conosci della provincia di Belluno?
Non ci sono ancora stata, ma mi piacerebbe tanto visitarla. È nei miei programmi e quando avrò delle giornate libere ne approfitterò. Qualche anno fa, mio papà ha potuto visitare il Bellunese e ci ha raccontato, molto orgoglioso delle sue origini, le meraviglie del paesaggio e di quanto bene è stato accolto, in particolare da Venecia Simoes, la nostra conterranea di Salto che vive a Limana, e da Marco Crepaz, il coordinatore del viaggio. In quell’occasione ha avuto l’opportunità di conoscere alcuni dei suoi familiari, con i quali tuttora mantiene un’amicizia molto forte.
Da parte mia, non ho dubbi che ci sarà un prima e un dopo rispetto a questa esperienza. Prima non ci avevo mai pensato, pur conoscendo lo stretto legame di mio papà con i suoi avi, ma ora posso dire che ho scoperto un mondo nuovo stando qui, e anche le mie compagne di squadra mi hanno detto che ho dei tratti italiani, una cosa che mi ha sorpreso molto.
Un ricordo di mio padre che mi ha molto emozionata è che lui ha potuto visitare la casa di Cortina in cui sono presenti gli stemmi di famiglia, e farsi una fotografia con lo stemma dei Verocai, lo stesso che abbiamo in casa in Uruguay. Mi piacerebbe poter visitare lo stesso luogo e ovviamente scattare la stessa foto.

I tuoi antenati cosa facevano in Uruguay?
Mio trisnonno Serafino Verocai è partito da Cortina d’Ampezzo nel 1892 con due fratelli. Sono andati in America perché allora il Governo dell’Uruguay concedeva a ogni immigrato una porzione di terra e trecento pecore per stabilirsi nel Paese. Loro si sono stabiliti nel sito di Arroyo Grande, dipartimento di Rio Negro. Mio nonno si è sposato e lì sono nati i suoi figli. Ha fatto il falegname per riparare le carrozze e lavorato come carrozziere. Due suoi figli si sono trasferiti a Salto, uno di loro era il mio bisnonno Rodolfo, che assieme alla moglie Palmira ha avuto tre figli, due femmine e un maschio. Quest’ultimo era mio nonno Nelson Omar, che ebbe un unico figlio con Amalia Del Carmen Verme, anche lei di origine italiana, dalla città di Cogorno (Genova), e questo figlio è mio papà Rodolfo Ivo Verocai Verme. Mia mamma si chiama Silvia Margall e i miei fratelli German, Rodolfo e Massimiliano.

Obiettivi per il futuro sportivo e di vita?
Attualmente il mio obiettivo è semplicemente quello di godermi questa occasione, imparare e dare il massimo come sportiva, fare degli amici. Poi, quando si presenterà la prossima stagione, vedrò che possibilità ci saranno e sceglierò il meglio per me e per la mia famiglia. Potrei continuare in Italia o tornare in Uruguay, ma sicuramente continuerò a giocare rugby, applicando tutto ciò che avrò imparato, indipendentemente da dove sarò.
Questo momento nella mia vita professionale mi tornerà sicuramente utile quando non sarò più una giocatrice, ma un’allenatrice o una preparatrice fisica. Ringrazio anche per questa opportunità di raccontarmi. Oltre a significare molto per me e per la mia famiglia, spero possa servire a diffondere la conoscenza di questo sport e fare in modo che sempre più ragazze vi si avvicinino.

Venecia Simoes e Simone Tormen