«Negli anni ’80 i gelatieri di Zoppè di Cadore erano proprietari di 70 gelaterie in Germania e 35 in Italia, più di una per abitante. Adesso sono una ventina». Lo racconta con amarezza Fausto Bortolot, 82 anni, una vita passata dietro il bancone di tante gelaterie. Ha lasciato l’attività in Germania, a Cochem, nel 2009 quando ha compiuto 70 anni, nelle mani dei figli Stefano e Dario. Ha anche sei nipoti che studiano in Italia e che durante l’estate vanno ad aiutare in gelateria. Con la speranza che il ricambio generazionale nella sua famiglia non manchi. «Da una parte ci sono poche nascite nei nostri paesi, dall’altra parte molti gelatieri italiani in Germania hanno ceduto le loro attività al momento della pensione a turchi, a rumeni, a portoghesi». Numeri che vogliono anche dire meno associati nell’Uniteis, l’associazione dei gelatieri italiani in Germania. «Quando ero presidente i soci erano 1400, ora sono 750».
Bortolot è stato insignito del premio “Bellunesi che hanno onorato la provincia in Italia e nel mondo”, nel settore Economico, imprenditoriale e professionale, consegnato di recente in una cerimonia tenuta a Lamon.
Un mestiere faticoso, difficile quello del gelatiere? «Come tutti i lavori ha aspetti positivi e aspetti negativi. Quello che serve è farlo con passione, altrimenti i figli prendono esempio da genitori che maledicono quell’attività e scelgono altre strade per il loro futuro».
C’è una tradizione famigliare in gelateria tra i Bortolot di Zoppè. Il nonno aveva una gelateria a Vienna nel 1890. Morì in un incidente stradale nel 1913, cosa rara all’epoca, lasciando la vedova con dieci figli. Sei di loro hanno seguito le orme del genitore, diventando gelatieri, non il padre di Fausto Bortolot che entrò nell’attività gestita dalla madre a Zoppè, un bar-ristorante. Dei sei figli, tutti maschi, di cui Fausto è il primogenito, cinque hanno fatto i gelatieri, uno l’insegnante.
«A 14 anni – racconta – ho sentito il dovere di dare una mano alla famiglia e ho fatto la stagione estiva in una gelateria di Bellaria, vicino a Rimini. Alla fine della stagione avevo guadagnato 60mila lire che era esattamente il valore di una bicicletta che mi piaceva molto. Ho passato l’ultima notte prima di tornare a Zoppè senza riuscire a dormire, non sapendo se portare i soldi a casa o spenderli per la bicicletta. Alla fine li ho portati a casa». Dopo un breve intermezzo in un bar di Brescia, eccolo partire per la Germania, verso Witten, nella gelateria di gente di Zoldo dove rimane per cinque anni e conosce la moglie. «Ho imparato il tedesco e anche il mestiere».
Nel 1959 il padre, ristoratore a Zoppè, decide di acquistare una gelateria in Germania per i figli. «Un vecchio amico gelatiere, Secondo Sagui, mi ha detto: “Se quando scendi dal treno in stazione vedi tanti taxi, quello è un buon posto per aprire una attività, vuol dire che girano soldi. Se non ne vedi, risali sul treno e vai altrove”, ricorda ridendo. La prima gelateria si chiamava Cortina, un nome che allora si spendeva bene nel mondo. Dopo la naja, ecco il matrimonio e la nascita dei figli. In Germania i Bortolot ci restano per anni. Poi decidono di tornare in Italia: «In Germania, siamo negli anni ’60, c’erano 3,5 milioni di italiani. Se i figli restavano a studiare lì, poi non tornavano più in Italia e io non volevo questo per la mia famiglia».
Così prendono la decisione di acquistare una gelateria a Fano, dove restano per 15 anni: anche in questo caso è un passaggio da un bellunese ad un altro, il proprietario precedente era di Santa Giustina. In seguito acquistano un secondo locale: «Ma quella non era vita. In alta stagione andavamo a dormire alle 2-3 di notte ed eravamo in attività alle 7.30-8 del mattino. La mia vita non poteva essere centrata solo sul guadagno, sui soldi, ma sulla unità della famiglia». Dopo 15 anni, con i figli cresciuti e impegnati nell’attività (Stefano e Dario, mentre Renzo studiava al conservatorio di Pesaro), la decisione di tornare di nuovo in Germania. È il 1984. «Mi sembrava di essere in vacanza, alla sera la gelateria chiudeva alle 21.30-22, alla mattina si apriva alle 9.30-10 anche in estate».
Questa volta la località scelta è Cochem, comprando il locale da un cugino, anche lui Bortolot di cognome. Cochem non è una grande città, ma nella regione ci sono 2.5 milioni di presenze turistiche all’anno. Accanto al lavoro, arriva l’impegno nell’associazione dei gelatieri, sei anni come vice presidente di Uniteis e otto anni come presidente e poi quattro anni alla guida di Artglace, che è la confederazione europea delle associazioni di gelatieri. Con il contributo di Fausto Bortolot nasce la Giornata europea del gelato. Importante e lunga nel tempo (30 anni) anche la sua presenza in Longarone Fiere e nella Mig.
Sono passati i decenni e anche l’economia di Zoldo e Zoppè non è più totalmente legata ai gelatieri. «Quando si tornava a casa per l’inverno, c’erano gru dappertutto, si costruivano case, si sistemavano quelle vecchie. Adesso ci sono cartelli “vendesi” ovunque. A Zoldo c’erano quattro sezioni nella prima media, adesso nell’unica prima ci sono nove alunni». I paesi si spopolano e i giovani scelgono strade diverse dal viaggio verso la Germania. «Ma quello del gelatiere è il più bel mestiere del mondo» dice convinto il maestro e decano dei gelatieri bellunesi, che con un semplice cono ha cercato di addolcire il carattere dei tedeschi.
Marcella Corrà